Tomasi di Lampedusa - Il gattopardo

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  1. Dack.
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    1 - Riassunto
    Il romanzo comincia nel maggio 1860, dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia. Il protagonista, l’aristocratico Don Fabrizio, assiste con distacco e malinconia alla fine dei suoi privilegi, mentre gli amministratori e i mezzadri, la nuova classe sociale in ascesa, approfittano della nuova situazione politica. Il principe, appartenente ad una famiglia di antica nobiltà, pone le sue speranze nel nipote Tancredi, nel quale riconosce la grinta del gattopardo, l’animale dello stemma di famiglia. Il giovane, infatti, pur combattendo nelle file garibaldine, cerca di mantenere inalterati i privilegi aristocratici.
    Quando, come tutti gli anni, il principe con tutta la famiglia si reca nella residenza estiva di Donnafugata, trova come nuovo sindaco del paese Calogero Sedara, un borghese di umili origini, rozzo e poco istruito, che si è arricchito ed ha fatto carriera in campo politico. Tancredi, che in precedenza aveva manifestato qualche simpatia per Concetta, la figlia maggiore del principe, si innamora di Angelica, figlia di don Calogero, che infine sposerà, abbagliato sicuramente dalla sua bellezza, ma attratto anche dal suo patrimonio.
    L'unione di Angelica e Tancredi, simbolo vivente del passaggio di potere tra la nobiltà latifondista e la borghesia mercantile, viene ufficializzata durante un grande ballo che si tiene nella sontuosa residenza principesca.
    Il Principe che aveva riposto nel nipote tutte le aspettative , si abbandona alla vita che scorre in modo monotono e sconsolato. La morte lo coglie in un'anonima stanza di albergo nel 1883, mentre torna da Napoli, dove si era recato per sottoporsi a visite mediche. Nella sua casa rimarranno le tre figlie nubili, inacidite da una vita chiusa e solitaria.

    2 - Biografia dell’autore
    Giuseppe Tomasi di Lampedusa nacque a Palermo nel 1896, era discendente di una delle famiglie più aristocratiche siciliane, quella dei principi di Lampedusa, duchi di Palma e Montechiaro. Interruppe gli studi di giurisprudenza nel 1915, per arruolarsi volontario in guerra; nella sua vita coltivò tuttavia í suoi interessi letterari: era infatti un appassionato lettore di libri storici e di romanzi stranieri, soprattutto francesi. Compì lunghi viaggi in Europa, spesso accompagnato dalla madre Beatrice. Cominciò a scrivere con precise intenzioni narrative solo negli ultimi anni della sua vita. Il suo più famoso successo, "Il Gattopardo", ultimato nel 1956, venne pubblicato postumo da Feltrinelli, per volontà di Giorgio Bassani, nel 1958 e diventò subito un best seller e un "caso letterario", sia per la personalità allora misteriosa dell'autore, sia per la sua ironica rappresentazione dei mutamenti storici-sociali del periodo risorgimentale. Contribuì ad alimentare il dibattito, fra l'altro, il fatto che Vittorini, consulente della Einaudi, aveva rifiutato la pubblicazione. Il Gattopardo ottenne l’anno dopo la pubblicazione il Premio Strega. Altre opere postume, di minore importanza, sono : i Racconti (1961), tra i quali spicca Lighea, le pagine saggistiche delle Lezioni su Stendhal (1971) e di Invito alle lettere francesi del Cinquecento (1979).
    Morì a Roma nel 1957.

    3 - Tempi
    A- Il romanzo è ambientato in uno dei momenti più significativi della storia del nostro Paese: la nascita dello Stato Italiano. Siamo infatti negli anni del passaggio dal regno borbonico al regno d’Italia: uno dei temi principali è la decadenza e il tramonto di una società, quella siciliana, e dei suoi ideali, raffigurati nelle vicende di Casa Salina, e in particolare in quelle del capofamiglia, don Fabrizio. Con gli atteggiamenti e le riflessioni del Principe lo scrittore vuole evidenziare la quotidiana vita in questo periodo, i pensieri di un uomo che, seppur importante, è costretto ad arrendersi al trascorrere degli eventi.

    B- Le vicende narrate durano 50 anni e si svolgono in un arco di tempo determinato che va dal maggio del 1860 al maggio del 1910. Dapprima gli avvenimenti si concentrano in alcuni mesi, solo nell'ultima parte del romanzo si nota un forte sbalzo temporale: dal 1862 si passa al 1883 e per finire si arriva addirittura al 1910 .

    4 - Temi
    A- B Nel primo capitolo sono già presenti i motivi narrativi guida del romanzo, ovvero lo sbarco dei Mille, la campagna garibaldina e la fine del Regno dei Borboni di Napoli e Sicilia. L’intreccio si snoda in maniera ordinata, con la presentazione graduale di tutti i personaggi, compreso il nipote Tancredi, di nobilissima famiglia, bello, intelligente e ambizioso, ma senza un soldo, affidato al Principe perché orfano e da lui prediletto.
    Alla notizia dello sbarco di Garibaldi e del suo avvicinarsi a Palermo, Tancredi decide di unirsi ai garibaldini e afferrare le nuove opportunità; non solo per spirito patriottico e perché condivide un bisogno di rinnovamento, bensì proprio per evitare ogni cambiamento e sottrarsi alla carica potenzialmente rivoluzionaria di quanto sta accadendo. Tancredi in un colloquio con lo zio esprime un giudizio sul cambiamento che diventa il filo conduttore del romanzo: “Se si vuole che tutto rimanga com’è occorre che tutto cambi”. Il significato della frase è che se la Sicilia resta sotto il dominio dei Borboni, presto ci sarà una rivoluzione, invece passando sotto il dominio dei Savoia, tutto rimarrà come prima.
    C- Uno degli argomenti che, secondo i critici, tratta il Gattopardo è il decadentismo. Nel romanzo viene infatti affrontato più volte il tema della morte. Esso non è presente solo nella settima parte, dove si ha la morte di don Fabrizio, ma ricorre in tutto il brano e rappresenta uno dei principali fili conduttori del libro. Il tema è talvolta annunciato da alcuni flash back, come per esempio nella parte iniziale del testo, quando la narrazione viene interrotta da un ricordo del passato, ovvero la morte di un giovane soldato avvenuta nel giardino dei Salina qualche tempo prima. Un presagio della morte si ha anche negli spazi chiusi; nella sesta parte per esempio, mentre durante i balli il Principe si reca in biblioteca un quadro richiama la sua attenzione: si trattava di una copia de “la morte del giusto” di Greuze. Il quadro suscita in don Fabrizio una forte malinconia che lo porta a riflettere su come sarebbe stata la sua morte: se la immagina simile a quella del quadro, con lui in fin di vita sul letto e i nipoti afflitti da un grande dolore.
    Lo stesso Gattopardo è simbolo di morte: il libro infatti racconta dell’unità d’Italia, in Sicilia vissuta soprattutto come una sconfitta. L’ombra della morte, quasi sempre presente, è «come un ronzio continuo all’orecchio», l’ineluttabile destino a cui nessuno può sottrarsi.


    5 - Personaggi
    A- IL PRINCIPE FABRIZIO
    Tutto il romanzo è incentrato sulla figura del Principe Salina che può essere identificato nello stesso Tomasi di Lampedusa; l’autore infatti si riflette nel protagonista e attribuisce a quest'ultimo i suoi sentimenti e i suoi pensieri, quali l'idea della morte e della nobiltà, la concezione della storia, la coscienza che l’uomo è vinto dal proprio destino. Nel capitolo del ballo a palazzo Ponteleone il Principe sintetizza la sua concezione di vita mostrando una sorta di pietà verso gli uomini che non hanno capito il gioco e che non si rendono conto che la loro unica certezza, nonostante tutti i loro affanni, è quella di dover morire.
    Il pensiero più ricorrente dunque è la morte, come desiderio di staccarsi dalle noie e dalle angosce della vita. Il principe esprime la propria amarezza e il proprio pessimismo verso il popolo siciliano, incapace di trarre da venticinque secoli di diverse dominazioni un arricchimento culturale; rassegnato ad accettare tutto e tutti pur di essere lasciato in pace nel suo ambiente così terribilmente impassibile al cambiamento. Egli pertanto risulta un personaggio estremamente moderno, ma allo stesso tempo molto scettico nei confronti dei nuovi tempi, consapevole della fine ineluttabile delle vecchie istituzioni e della società di cui fa parte.


    TANCREDI
    Tancredi, nipote del Principe, presenta invece il carattere opposto a quello dello zio. Egli infatti si è schierato dalla parte dei "rivoluzionari".
    La stima e l'affetto che il Principe prova per il giovane nipote, definiti dallo stesso don Fabrizio superiori a quelli che prova per suo figlio, potrebbe far credere che almeno con lui egli riesca ad instaurare un profondo legame affettivo; in Tancredi invece il Principe vede soltanto se stesso come avrebbe voluto essere, i sogni che non è mai riuscito a realizzare da giovane, l'ambizione di salire sempre più in alto e la capacità di adattarsi agli eventi senza fatica.
    A differenza dello zio, osservatore distaccato e scettico degli eventi politici che turbano la Sicilia, Tancredi si getta nel fiume della Storia che avanza. Entra così senza esitazioni prima nelle file dei garibaldini, poi nell'esercito regolare dei "Piemontesi", pensando, da una parte di trarne dei vantaggi personali, dall'altra di contribuire ad arginare i pericoli che il nuovo corso politico potrebbe portare alla sua classe sociale. Tancredi si adatta molto bene alle nuove condizioni politiche e proprio perché ha compreso l’importanza del cambiamento.


    B- Angelica Sedàra è la figlia di Don Calogero, il sindaco di Donnafugata. Suo padre fa parte di quella nuova classe sociale di amministratori arricchiti, pronta a farsi largo socialmente e politicamente. Anche Angelica si innamora di Tancredi, ma lo sposa soprattutto perché in lui vede la possibilità di avere un posto eminente nel mondo nobile della Sicilia.
    Angelica ha studiato in un collegio a Firenze che gli ha cancellato quasi completamente l’accento siciliano: “la sua voce è bella, bassa di tono”. Al suo ritorno a Donnafugata fa rimanere estasiati tutti i presenti, ed in particolare Tancredi e il Principe.
    È una donna colta e che legge molto, dal carattere particolarmente orgoglioso ed ambizioso. Soprattutto è una donna alta e ben fatta e di fronte alla sua bellezza gli uomini sono incapaci di notare i suoi pochi difetti: la sensualità che emana può richiamare alla mente “lenzuola che sanno di paradiso”. Tomasi affida solo a Concetta, la rivale in amore di Angelica, il compito di scoprire in lei i difetti che gli altri non riescono a scorgere.




    6 - Spazi
    A- Già dalle prime pagine del libro si può comprendere quanto siano dettagliate le descrizioni. La prima che troviamo è il paesaggio del giardino di villa Salina, una delle più belle descrizioni di ambienti esterni di tutto il romanzo. Esso era “racchiuso fra tre mura e un lato della villa” ed è descritto in ogni dettaglio. Le piante che crescevano in disordine sul terreno rossiccio, i fiori che spuntavano dove Dio voleva e le siepi che impedivano il passaggio conferiscono all’ambiente un’aria abbandonata e un aspetto cimiteriale. Anche il paesaggio infatti è in diretto rapporto col tema della morte. L’autore scrive che “era un giardino per ciechi: la vista costantemente era offesa ma l’odorato poteva trarre da esso un piacere forte benché non delicato”.

    B- Fra gli spazi chiusi quello più significativo è indubbiamente la sala da ballo, un ambiente imponente e ricco. Essa era tutta in stile rococò, fatta di argento e oro, il cui risplendere viene paragonato ai “capelli di certe bambine del Nord”. La musica era espansa ovunque, le note del valzer “traversavano l’aria calda” e la folla dei danzatori dava un senso di fascino quasi irreale. Il soffitto rappresentava “gli Dei, reclini su scanni dorati, che guardavano in giù sorridenti e inesorabili come il cielo d’estate. “Gli abiti neri dei ballerini ricordavano le cornacchie che planavano, alla ricerca di prede putride, al di sopra dei valloncelli sperduti”, fra tutti spiccavano Angelica e Tancredi, che ballavano con “la destra inguantata di lui posata a taglio sulla vita di lei, le braccia tese, gli occhi di ciascuno fissi in quelli dell’altro”.Tutti i temi del romanzo infatti emergono in questo luogo: l’ambiente fastoso, la celebrazione della bellezza, il cambio malinconico di generazione, l’avanzata dei nuovi ricchi, il riferimento storico-politico, l’ironia soffusa nel racconto della resa militare, il senso di stanchezza e di disfacimento proiettato dal narratore sulla vicenda.

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    Edited by † Death - 2/6/2011, 22:15
     
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